IL RIUTILIZZO DELLE ACQUE REFLUE

Nell’ambito del trattamento depurativo particolare rilevanza ha assunto recentemente la possibilità di riutilizzare le acque reflue trattate in particolar modo per uso agronomico.
Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 5 giugno 2020 è stato pubblicato il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2020/741 del 25 maggio 2020, recante prescrizioni minime per il riutilizzo dell’acqua, che come previsto dall’articolo 16 del Regolamento stesso, si applica dal 26 giugno 2023. 
Tale atto normativo definisce per la prima volta a livello europeo i requisiti minimi per l'utilizzo delle acque di recupero, ossia le acque reflue urbane trattate e poi affinate, per scopi agricoli, in modo sicuro, proteggendo la salute delle persone e l'ambiente. 
L’Unione Europea pone dunque l’obiettivo di migliorare la capacità di reazione di fronte alle crescenti pressioni sulle risorse idriche attraverso un più ampio riutilizzo delle acque reflue trattate, limitando l’estrazione dai corpi idrici superficiali e sotterranei, riducendo l’impatto degli scarichi di acque reflue trattate nei corpi idrici, favorendo il risparmio idrico mediante l’utilizzo multiplo delle acque reflue urbane e garantendo nel contempo un elevato livello di protezione dell’ambiente. 
Poiché il risparmio idrico e il miglioramento dell’efficienza dovrebbero essere prioritari quando si elaborano misure per affrontare la scarsità d’acqua, la pratica del riutilizzo delle acque reflue, rappresenta una misura virtuosa, proprio in un’ottica di economia circolare, nel rispetto delle prescrizioni ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE
L’Italia è uno tra i Paesi dell’Unione Europea che già pratica il riutilizzo irriguo delle acque reflue urbane depurate. L’attuale disciplina nazionale è contenuta nel decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio n. 185 del 12 giugno 2003 Regolamento recante norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue". 
Esistono talune differenze tra la normativa italiana e la nuova normativa europea. 
Nello specifico, i due testi normativi si differenziano per: ambito di applicazione e destinazioni d’uso, introduzione dell’approccio basato sulla gestione del rischio, categorie di soggetti responsabili, diversa tipologia di approccio ai fini della verifica di qualità delle acque. 
Con riferimento all’approccio strategico scelto dai differenti legislatori, il Regolamento europeo prevede il metodo della gestione del rischio sito specifico. Ciò significa che ai fini della produzione, dell’erogazione e dell’utilizzo di acque affinate, l’autorità competente al rilascio del provvedimento autorizzativo dovrà provvedere a che venga stabilito un piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell’acqua, con l’obiettivo di garantire la gestione delle acque reflue affinate senza rischio per salute umana, animale e senza rischio ambientale. Al fine di azzerare il rischio emerso durante l’analisi del rischio, il piano di gestione del rischio e il permesso rilasciato dall’autorità competente potranno prevedere delle prescrizioni supplementari rispetto alle prescrizioni minime stabilite dal regolamento. 
Diversamente, la normativa italiana in vigore dal 2003 detta prescrizioni e parametri rigidi da applicare ad ogni ipotesi di riutilizzo, sia per fini irrigui che per fini civili, ambientali e industriali. 
Di tali differenze si è tenuto conto nell’elaborazione dell’art. 7  “Riutilizzo delle acque reflue depurate ad uso irriguo” del  Decreto Legge 14 aprile 2023 , n. 39  “Disposizioni urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l’adeguamento delle infrastrutture idriche”.
L’opportunità di un superamento della disciplina attualmente vigente nasce pertanto anche dall’esigenza di rivedere l’intero impianto normativo nazionale di settore alla luce dell’introduzione nel Regolamento comunitario del nuovo metodo della gestione del rischio sito specifico.



Data ultimo aggiornamento: 08 gennaio 2024