Faq adozioni

Qual è la procedura da seguire al momento del rientro in Italia?

Si presentano di seguito una serie di adempimenti da espletare: 
1. Effettuare quanto prima la richiesta di riconoscimento di efficacia del provvedimento di adozione straniero attraverso il modulo che viene fornito dal Tribunale per i Minorenni, che deve essere sottoscritto da entrambi i coniugi; 
2. Recarsi presso gli uffici del Ministero delle Finanze per richiedere il codice fiscale del minore; 
3. Notificare l’arrivo del bambino all’Ufficio Sanitario Locale per farsi rilasciare la Tessera Sanitaria Provvisoria, presentando il codice fiscale del minore e la cartella della vaccinazioni o altro documento che elenchi le vaccinazioni fatte; 
4. Denunciare l’arrivo del bambino presso l’Ufficio Anagrafe del proprio Comune portando una fotocopia (ma potrebbe essere richiesto l’originale) del passaporto del minore e il Codice fiscale del minore. Una volta che la coppia giunga in possesso del decreto del Tribunale che ordina la trascrizione dell’adozione nei registri dello stato civile, la coppia si deve recare presso l’Ufficio Anagrafe del Comune per effettuare tale incombenza.

Qual è l'accoglienza sanitaria adeguata per il bambino adottato all'estero?

Nel novembre del 2002 la Commissione per le Adozioni Internazionali ha proposto un “Protocollo diagnostico assistenziale per i bambini adottati all’estero”. A fronte di ciò da alcuni anni in Italia si sono creati dei centri di accoglienza sanitaria che, cooperando in rete, in collaborazione con la pediatria del territorio, con gli enti accreditati e con i servizi sociali del territorio, hanno sempre più approfondito le tematiche inerenti alla salute globale del bambino adottato. Altresì il GLNBI (gruppo di lavoro nazionale per il bambino immigrato www.glnbi.org), ha stilato un Protocollo Nazionale di Accoglienza approvato dalla Società Italiana di Pediatria e ha istituito dei centri di accoglienza sparsi su tutto il territorio nazionale. Questo Protocollo diagnostico-assistenziale tiene conto di un approccio multidisciplinare che prevede un team costituito non solo dal pediatra, ma anche dal neuropsichiatra infantile e dall’assistente sociale, tenendo come punto di riferimento il bambino e la sua famiglia adottiva. Nella pratica clinica si eseguono esami sierologici, volti ad individuare eventuali patologie infettive rilevanti e a valutare lo stato di protezione del bambino rispetto alle vaccinazioni cui risulta essere stato sottoposto. Inoltre viene effettuato uno screening dei principali parametri bio-umorali ed ematologici (esami di funzionalità renale ed epatica, patrimonio marziale e di vitamina D, esame chimico delle urine). Agli esami ematologici si affiancano consulenze specialistiche (oculistica, ortopedica, endocrinologica, cardiologica, otorinolaringoiatrica, dismorfologica) suggerite dalla valutazione clinica iniziale.

A quali congedi dobbiamo far riferimento a secondo dello specifico momento in cui ci troviamo dell'iter adottivo?

Lavoratrici e lavoratori dipendenti
Il congedo parentale spetta entro i primi otto anni dall’ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dall’età del bambino all’atto dell’adozione o dell’affidamento e non oltre il compimento della maggiore età dello stesso; è fruibile per un periodo complessivo tra i due non superiore a 10 mesi, aumentabili a 11 qualora il padre lavoratore si astenga dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi. I genitori adottivi o affidatari possono usufruire dell’indennità per congedo parentale al 30% della retribuzione media giornaliera calcolata considerando la retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo indennizzabile: · entro i 3 anni dall’ingresso in famiglia del minore, indipendentemente dalle condizioni di reddito del richiedente, per un periodo di congedo complessivo di sei mesi tra i due genitori; · dai 3 anni e un giorno agli 8 anni dall’ingresso in famiglia del bambino nel caso in cui i genitori non ne abbiano fruito nei primi 3 anni dall’ingresso in famiglia , o per la parte non fruita, il congedo verrà retribuito al 30% solo se il reddito individuale del genitore richiedente risulti inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione. Le lavoratrici/lavoratori dipendenti hanno diritto ai riposi per allattamento a condizione che per tutto il periodo richiesto abbiano un valido rapporto di lavoro in corso e che il minore sia vivente. Il lavoratore padre non può richiedere l’allattamento se: · la madre lavoratrice dipendente si trova in astensione obbligatoria o facoltativa; · la madre non si avvale dei riposi in quanto assente dal lavoro per sospensione (esempio aspettativa o permessi non retribuiti, pause lavorative per part-time verticale). Nel caso di adozioni o affidamento, la lavoratrice/il lavoratore dipendente ha diritto entro un anno dalla data di ingresso del minore in famiglia a: · 2 ore al giorno di riposo per allattamento se l’orario di lavoro è pari o superiore alle 6 ore giornaliere; · 1 ora al giorno di riposo per allattamento se l’orario stesso è inferiore alle 6 ore; I riposi per allattamento si raddoppiano nei casi di adozione o affidamento di 2 o più bambini, anche non fratelli, entrati in famiglia anche in date diverse. Spetta una indennità pari all’ammontare dell’intera retribuzione.
Lavoratrici e lavoratori iscritti alla gestione separata
Con nota n. 371 dell’8 gennaio 2013 l’I.N.P.S. ha riconosciuto la possibilità di richiedere l’estensione del periodo di congedo da 3 a 5 mesi a tutti i rapporti non esauriti, intendendosi come tali quelle situazioni giuridiche per le quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato o estinzione del diritto per prescrizione. È usufruibile entro il primo anno dall’ingresso in famiglia del minore adottato/affidato, a condizione che il minore stesso non abbia superato, all’atto dell’adozione o dell’affidamento, i 12 anni di età. L’indennità è calcolata, per ciascuna giornata del periodo indennizzabile, in misura pari al 30% di 1/365 del reddito derivante da attività di lavoro a progetto o assimilata, percepito negli stessi dodici mesi presi a riferimento per l’accertamento del requisito contributivo.

Congedo di maternità/paternità: per le adozioni o gli affidamenti preadottivi internazionalidi cui alla legge 184/1983 il congedo spetta per i 5 mesi successivi all’ingresso in Italia del minore adottato o affidato nonché per il giorno dell’ingresso in Italia. Fermo restando il periodo complessivo di 5 mesi, il periodo di congedo può essere fruito, anche parzialmente, prima dell’ingresso in Italia del minore. Il periodo di congedo non fruito antecedentemente all’ingresso in Italia del minore in Italia, è fruito, anche frazionatamente, entro i 5 mesi dal giorno successivo all’ingresso medesimo. I periodi di permanenza all’estero, non seguiti da un provvedimento di adozione o affidamento validi in Italia, non possono essere indennizzati a titolo di congedo di maternità, ma devono essere giustificati ad altro titolo. Per i periodi di permanenza all’estero è previsto anche un congedo non retribuito, né indennizzato (art. 26, comma 4, T.U. maternità/paternità). Durante i periodi di congedo di maternità (o paternità) la lavoratrice (o il lavoratore) ha diritto a percepire un’indennità economica pari all’80% della retribuzione giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga scaduto immediatamente precedente l’inizio del congedo di maternità quindi, di regola, sulla base dell’ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo (art. 22 e seguenti del T.U.). Lavoratrici/lavoratori iscritti alla gestione separata In caso di adozione o affidamento di minore di cui alla legge 184/1983 il diritto al congedo spetta per i cinque mesi successivi all’ingresso in famiglia del minore stesso (sentenza Corte Costituzionale n.257/2012), a condizione che questi non abbia superato i sei anni di età, in caso di adozione/affidamento nazionale, oppure i 18 anni di età in caso di adozione/affidamento internazionale. Spetta un’indennità economica pari all’80% della retribuzione giornaliera stabilita annualmente dalla legge a seconda del tipo di lavoro autonomo svolto.

Quali sono le spese detraibili e quali no dell'iter adottivo?

È previsto che il 50% delle spese sostenute dai genitori adottivi per espletamento della procedura di adozione possa essere detratto dalla dichiarazione dei redditi.
Tra le spese certificabili dall’Ente sono previste quelle: 
– Riferite all’assistenza che la coppia ha ricevuto durante il soggiorno all’estero
– Per la legalizzazione dei documenti.
– Per la richiesta dei visti.
– Per il soggiorno.
– Per l’eventuale quota associativa nel caso in cui la procedura sia stata curata da enti.
– Per tutte le spese documentate o certificate o certificabili finalizzate all’adozione di un minore.
Non è necessario aver acquistato lo status di genitore adottivo per chiedere la deduzione delle spese.
Non sono deducibili invece le spese sostenute per le relazioni fatte dall’ente e gli incontri postadottivi.

Dobbiamo allegare alla domanda di adozione al Tribunale per i minorenni, la dichiarazione dei nostri genitori di essere a conoscenza della nostra intenzione di adottare?

Sì, salvo presentare al Tribunale per i Minorenni i motivi dell’impossibilità a produrla. La dichiarazione dovrà essere redatta in carta semplice, firmata dai genitori della coppia con allegata la fotocopia dei loro documenti di identità.

Dobbiamo rinunciare all'adozione nazionale quando diamo mandato ad un Ente autorizzato per l'adozione internazionale?

No, i due percorsi possono proseguire in modo parallelo fino al momento in cui viene effettuato un abbinamento con un minore in Italia o all’estero.

Possiamo presentare la domanda per adottare un bambino a più tribunali per i minorenni?

Sì, ma è consigliabile farlo dopo che si è ottenuta l’idoneità dal Tribunale per i Minorenni di Venezia. Questo per due motivi:
· essere certi di essere dichiarati idonei;
· gli altri Tribunali potranno chiedere d’ufficio il fascicolo con la vostra documentazione.

Siamo conviventi da più di tre anni: possiamo adottare un bambino?

No, perché pur considerando la convivenza come elemento di stabilità di una coppia, la legge prevede che vi sia il vincolo matrimoniale per la coppia che intende adottare il bambino.
Si precisa che i coniugi che abbiano convissuto in modo stabile e continuativo per un periodo complessivo, tra convivenza e matrimonio stesso, di tre anni, possono presentare la dichiarazione di disponibilità.

 



Data ultimo aggiornamento: 12 febbraio 2021