Il virus dell’epatite B (HBV) è un virus molto efficiente che riesce a trasmettersi in maniera molto efficace.
Nel sangue il virus è presente in quantità elevate ed è pure presente in quantità sufficienti ad infettare molti altri liquidi biologici, compresa la saliva. Il virus dell’epatite B resiste alla temperatura, ai detergenti più comuni, all’alcool e può rimanere stabile nelle superfici in una goccia di sangue o di saliva seccata per sette giorni. A titolo di esempio, se lo compariamo al virus dell’HIV che ha modalità di trasmissione analoghe, mentre le probabilità di contrarre HIV dopo essersi punti con un ago contaminato sono nell’ordine dello 0,3%, quelle di contrarre HBV sono il 30%. A causa di questo, mentre contrarre HIV senza esporsi a specifici rischi è quasi impossibile, la stessa cosa non si può dire per HBV. A conferma di ciò esiste la descrizione documentata di casi certi (ossia per i quali è stata dimostrata attraverso l’analisi del DNA del virus la via del contagio) di bambini che si sono presi HBV all’asilo. Negli Stati Uniti è stato riportato il caso di un bimbo di 4 anni che è stato contagiato da un compagno di asilo HBV positivo che lo ha graffiato e morso (Shapiro 1984); lo stesso è accaduto in Australia qualche anno dopo (McIntosh 1997). In Italia sei genitori sono stati contagiati da HBV da dei bambini cronicamente infettati che avevano adottato (Sciveres 2007). Bisogna anche ricordare che mentre quando si infetta un adulto la percentuale di cronicizzazione della malattia è <5%, nel bambino tale probabilità sale a 90% per i bimbi <1 anno e al 30-50% per la fascia di età compresa tra 1 e 5 anni. Ad oggi non esiste una cura per l’infezione cronica da epatite B. In alcuni casi è necessario vaccinare il bambino alla nascita: ciò accade quando la mamma è portatrice del virus dell'epatite B, poiché l'infezione neonatale è associata ad un alto rischio di epatite cronica.



Data ultimo aggiornamento: 08 novembre 2017