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RAPPORTO STATISTICO 2015: PRESIDENTE ZAIA, “LA CAPACITA’ DI IMPRESA E’ LA PRIMA RISORSA DEL VENETO”

20 novembre 2015

Comunicato n° 1591

(AVN) Venezia, 20 novembre 2015

“Le prime energie da liberare e valorizzare sono i nostri imprenditori, che attualmente sembrano essere dei cittadini in libertà vigilata, strangolati come sono dalla burocrazia e da un indice di tassazione globale che raggiunge ormai il 68%. Se il Veneto ha raggiunto nel 2014 i 170 miliardi di prodotto interno lordo, il merito è delle oltre 500 mila partite Iva che qui producono e lavorano”.  Così il presidente del Veneto Luca Zaia ha commentato il Rapporto Statistico 2015 della Regione Veneto intitolato “Energie”, intervenendo a Padova alla presentazione pubblica al Centro culturale San Gaetano.

“Il Veneto, per continuare a crescere, ha bisogno di meno regole e di vedersi riconosciuto quel modello di piccola e media impresa e di distretti industriali che ha dimostrato di saper reggere anche ai colpi della crisi”, ha sottolineato Zaia, in dialogo con la giornalista del Sole 24 Ore Katy Mandurino. “Nel programma elettorale, che ho depositato in Corte d’Appello prima delle elezioni proprio per dare valore all’impegno preso con i veneti, c’è un preciso piano di sostegno alle imprese, dal fondo di rotazione all’utilizzo dei fondi europei. A che punto siamo? Stiamo andando avanti, ma il sistema ci rema contro. Difficile ristrutturare, razionalizzare, chiudere gli enti pubblici non più utili, in un Paese come il nostro dove ben quattro commissari alla Spending review hanno gettato la spugna”.

Il presidente si è soffermato, in particolare, sulle riserve che la  Corte di Conti regionale ha espresso nel giudizio di parificazione del bilancio della Regione: “La magistratura contabile ci censura perché abbiamo aiutato la finanziaria Veneto Sviluppo ad aiutare le imprese in crisi? E a cinque di anni dall’alluvione del 2010, su 10.040 pratiche gestite e 362 milioni impegnati con massima trasparenza, senza incorrere in alcuna inchiesta, i giudici contabili muovono rilievi su 86 mila euro spesi in consulenze? Non ce l’ho con i magistrati, ma questi formalismi non aiutano a far crescere il Paese. Bene che un organo terzo analizzi il bilancio della Regione, ma serve che sappia dare anche indicazioni preventive e sappia accompagnare tempestivamente i processi di formulazione del bilancio e le decisioni di spesa”.

E sempre in riferimento alle difficoltà di ‘liberare’ le ‘energie’ del Veneto, il presidente ha aggiunto l’esempio del patrimonio pubblico. “Solo in Veneto abbiamo censito oltre 100 milioni di immobili e proprietà regionali. Ma in 5 anni siamo riusciti ad alienare beni solo per 12 milioni di euro. Perché? Le regole per le aste dei beni pubblici impongono una burocrazia infinita, una litania di stime, passaggi e attese che non ci consentono di stare sul mercato. Al governo lancio un appello: “Diteci come fare per vendere il nostro patrimonio inutilizzato””.

Quanto alle banche popolari e di credito cooperativo, altro asset del tessuto imprenditoriale della regione, il presidente Zaia è tornato  ed esprimere la propria preoccupazione per il futuro di Veneto Banca e di Banca Popolare di Vicenza e per l’effetto ’domino’ che si è innescato. “Sono preoccupato per il patrimonio dei veneti, di quei 205 mila soci che hanno investito in queste banche e che hanno già perso 2 miliardi e mezzo sul valore delle loro azioni  – ha sottolineato Zaia -. In questa operazione si stanno impoverendo i veneti e le aziende che si sono indebitate per avere un prestito da queste banche. Tre anni fa avevo sostenuto e promosso la proposta di fusione tra i due istituti di credito avanzata dalla Banca d’Italia: oggi avremmo avuto il vantaggio di avere un nuovo soggetto bancario, con basi più solide, tutelato e protetto dalla Banca d’Italia. Invece, per una serie di dinamiche, si è preferito non fare nulla e ora Veneto Banca e Popolare Vicenza dovranno andare in borsa e, farsi quotare, con la prospettiva che qualche soggetto possa fare shopping a basso prezzo. E’ improbabile che qualche investitore si  avvicini a queste banche prima della quotazione, in questo mondo non esistono benefattori”.

Zaia non ha mancato di rimarcare i successi del settore agroalimentare, uno dei punti di forza dell’economia veneta. Ma sulla crisi delle stalle venete, penalizzate dalla liberalizzazione del mercato Ue, ha ribadito che “i consumatori devono poter distinguere il latte che comprano e poter scegliere se comprare latte veneto, il cui costo di produzione è di 40 centesimi al litro, o quello bulgaro, il cui costo di produzione è di 15 centesimi al litro. Invece ora un litro su due del latte che beviamo proviene dall’estero, e non sappiamo da dove. Stiamo chiedendo al ministro Martina  un sistema di etichettatura e di tracciabilità che individui il latte italiano e ne garantisca origine e qualità. Io, quando ero ministro, avevo cominciato a costruire questo sistema, ma ora se ne è persa traccia”.

Il presidente –   analisi - ha toccato anche i temi della sanità e della sicurezza, strettamente connessi con l’economia del Veneto e le prospettive di sviluppo. “Difficile se non impossibile fare programmazione sanitaria, quando il governo continua a tagliare i fondi promessi – ha ribadito - Noi continuiamo lo stesso a lavorare per una sanità di eccellenza, prima con il piano sociosanitario 2012-2016 e ora proponendo l’azienda zero, che non è altro che una banale riforma per fare economie di scala tra Ulss: che senso ha, infatti, mantenere 20 uffici legali, altrettanti servizi informatici che non hanno una dorsale comune, 20 uffici tecnici, 20 centri acquisti? Così pure la riduzione delle Ulss: non è altro che la prosecuzione di quel disegno lungimirante che altri politici veneti, dal dopoguerra in poi, hanno intrapreso e che ha portato il Veneto a chiudere 47 ospedali”.

Quanto al clima internazionale di paura e insicurezza generato dai fatti di Parigi, per Zaia “prima di preoccuparsi di eventuali azioni militari bisogna occuparsi della sicurezza dei nostri cittadini”, ripristinando le frontiere e instaurando maggiori controlli, a cominciare dai treni e dalle stazioni. “Schengen era una bella idea – ha commentato – ma non possiamo delegare la gestione delle frontiere europee a Paesi che non sono attrezzati. In una società multirazziale abbiamo bisogno di sapere chi entra a casa nostra. Per questo chiedo gate nelle stazioni e controllo dei varchi di accesso a Venezia con cani che fiutano gli esplosivi. Non mi sembra una limitazione insostenibile delle nostre libertà”.


Data ultimo aggiornamento: 23 novembre 2015