n. 20/2014
Cooperazione decentrata - Tipicità regionali

Ha dovuto trascorrere un’intera generazione (27 anni) per contare finalmente su una normativa in grado di sintonizzarci con la dinamica delle relazioni internazionali che tende a modificare nel profondo principi ed orientamenti in materia di cooperazione.
La legge n. 125 dell’11 agosto 2014 (Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo sostenibile, i diritti umani e la pace) presenta significative novità strutturali e organizzative: il Ministero degli Affari Esteri (MAE) diventa «Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale» (MAECI); obbligo di nominare un Viceministro degli Esteri dedicato alla cooperazione; nascita dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, che godrà di autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, patrimoniale, contabile e di bilancio; istituzione del Comitato Interministeriale per la Cooperazione allo Sviluppo (CICS) volto ad assicurare la definizione strategica, la programmazione ed il coordinamento di tutte le attività di cooperazione.
Tra le novità, quella sulla cooperazione decentrata ed il partenariato territoriale è di particolare interesse. In effetti l’art. 21 della legge, sulla base del principio di sussidiarietà, riconosce quali “soggetti di cooperazione allo sviluppo: a) le amministrazioni dello Stato, le università e gli enti pubblici; b) le regioni, le provincie autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali; c) le organizzazioni della società civile e ad altri soggetti senza finalità di lucro”. In particolare, per l’art. 8, “le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali possono attuare iniziative di cooperazione allo sviluppo con enti di equivalente o assimilabile rappresentatività territoriale”, nonché “nelle materie rientranti nella loro potestà legislativa concorrente, per gli interventi volti alle finalità di cui alla presente legge… provvedono anche all’esecuzione ed all’attuazione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, ai sensi e nel rispetto del quinto comma dell’articolo 117 della Costituzione”.
Spostando l’ottica dal contesto italiano a quello europeo, va sottolineato come sia trascorsa ben più di una generazione perché, dopo il 1983, il Parlamento Europeo designasse il 2015 come Anno Europeo per lo Sviluppo (EYD): prevedendo misure finalizzate a informare sulla cooperazione attivata dall’UE e dai suoi Stati membri e sui risultati conseguiti e di prossima realizzazione, nonché a promuovere la partecipazione diretta, il pensiero critico e l’interesse attivo dei cittadini UE, e ad aumentare infine la consapevolezza delle ricadute della cooperazione allo sviluppo dell’UE per la stessa Europa comunitaria.
Alla luce di questo rinnovato contesto, che in Italia dà alla cooperazione decentrata pieno riconoscimento giuridico-formale ed in Europa attiva un forte richiamo d’attenzione per le politiche di cooperazione, vanno letti i contributi di questo fascicolo. L’analisi e l’opportunità di confronto tra alcune significative esperienze maturate in questi anni nel nostro Paese possono risultare utili non soltanto per valutare il cammino già fatto quanto, soprattutto, per considerare le prospettive future. Che rimangono comunque sempre aperte, perché si superi ogni impostazione privilegiante gli aiuti ai bilanci e alla crescita economica dei singoli Stati, per puntare decisamente sulla politica di promozione dei diritti, paradigma fondamentale dello sviluppo umano sostenibile.


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Data ultimo aggiornamento: 14 novembre 2019