n. 10/2009 
Cooperazione decentrata: dall'emergenza umanitaria allo sviluppo sostenibile

 

Uno dei rischi più gravi cui va incontro la cooperazione internazionale, nell'affrontare le condizioni di emergenza umanitaria, è quello di operare solo per progetti.
Azione tipica di ogni intervento volto ad affrontare soprattutto problemi puntuali, geograficamente localizzati e, in ultima analisi, di relativamente breve periodo.
L'operare invece per programmi, interessanti la globalità dei sistemi coinvolti sullabase di una valutazione complessiva dei problemi secondo una logica di medio-lungo periodo, tende ad essere proprio della cooperazione internazionale quando interviene per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Il rischio richiamato sussiste sia nel caso di intervento immediato a fronte dell'emergenza insorgente, sia nelle fasI successive di risposta alle esigenze di ricostruzione.
Gli esempi non mancano. Basti citare quelli del Niger e del Bangladesh. Il primo Paese, segnato da una drammatica carestia a metà del decennio, continua a verificare una situazione di cronica emergenza alimentare, determinata da fattori di crisi strutturali: difficoltà d'accesso agli alimenti di base persino quando disponibili, a causa della povertà assoluta della popolazione; carattere di mera sussistenza della produzione agricola, che a stento garantisce il sostentamento fino al raccolto successivo; difficoltà d'accesso all'assistenza sanitaria di base; deregolamentazione del mercato cerealicolo, con impossibilità di calmierarne i prezzi anche in situazioni di crisi. Ebbene, in Niger stentano a decollare strategie di sviluppo di carattere generale; prevalgono invece decisamente i progetti specifici, pure efficaci, come la gestione dei bacini idrografici e lo sviluppo della coltivazione del foraggio per il bestiame. In Bangladesh, colpito sul finire del 2007 dal devastante ciclone Sidr che coinvolge circa 5 milioni di persone, la metà delle quali bambini, si identifica una serie appropriata di progetti: per la difesa delle zone costiere; il risanamento delle fonti idriche contaminate da acqua salmastra e macerie; l'attivazione di fonti idriche alternative; il ripristino della maggior parte dei servizi igienici familiari, danneggiati o distrutti.
In entrambi i casi, tuttavia, se da un lato sono necessari progetti ben strutturati per rispondere alle esigenze pressanti delle popolazioni colpite dall'emergenza, essi non possono costituire l'elemento portante di una strategia efficace di promozione dello sviluppo. Da questo punto di vista, una pianificazione efficace delle strategie deve fondarsi su programmi e bilanci generali, con priorità stabilite dai decision makers, nazionali ed internazionali, mediante strutture rispondenti alle esigenze dei sistemi considerati nella loro globalità. Questo obiettivo stenta ancora ad essere realizzato nella misura necessaria.
I contributi del presente fascicolo portano a riflettere sulla questione, considerando fra l'altro il ruolo importante della cooperazione decentrata.

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Data ultimo aggiornamento: 14 novembre 2019